lunedì 30 novembre 2015

TOKYO Vice - on the streets of Japan obscure

Meeting with Jack Adelstein, American journalist and writer author of Tokyo Vice, startling report on the Japanese Yakuza and now, he threatened with death, he lives with his armed escort.
Incontro con Jack Adelstein, giornalista e scrittore americano autore di Tokyo Vice, impressionante reportage sulla Yakuza giapponese e che oggi, minacciato di morte, vive sotto scorta.
di Junko Terao

TOKYO
They arrived at night, in the dark, with tattooed arms hidden and gloves to hide the missing fingers. The first aid, a few hours after the tsunami that on March 11 devastated the northeast coast of Japan, brought them the men of the yakuza.
Sono arrivati di notte, con il buio, le braccia tatuate coperte e i guanti a nascondere le dita mancanti, per non dare nell’occhio.  I primi soccorsi, poche ore dopo lo tsunami che l’11 marzo ha devastato la costa nordorientale del Giappone日本, li hanno portati gli uomini della yakuza ヤクザ. Decine di camion carichi di medicine, coperte, cibo, acqua potabile e torce elettriche sono partiti da Tokyo diretti nel Tohoku. Non solo. Nei dieci giorni successivi alla catastrofe, a mantenere l’ordine nei rifugi allestiti per i sopravvissuti c’erano più gangster che poliziotti. Pare che per scoraggiare gli sciacalli sia più efficace un tatuaggio in bella mostra che una divisa con distintivo. Come e perchè i gruppi che controllano il crimine organizzato si siano dati tanto da fare ce lo spiega Jake Adelstein, giornalista diventato suoi malgrado un esperto di yakuza, paladino (come recita la sua firma) e autore di Tokyo Vice, uscito in Italia per Einaudi Stile Libero (466 pp.)
"I vari gruppi, ce ne sono 22 riconosciuti, si presentano come associazioni benefiche e seguono un codice d’onore che ha come principio di base l’assistenza ai più deboli. Chiaramente non c’è solo una spinta filantropica dietro la mobilitazione seguita allo tsunami, ma posso assicurare che il codice d’onore é rispettato dalla maggior parte degli yakuza. La criminalità organizzata ha una storia di soccorsi post-catastrofe alle spalle: la prima volta è intervenuta nel 1964, dopo il terremoto Niigata, poi nel 1995 a Kobe - dove peraltro la sede della Yamaguchi-gumi, che con 40mila uomini é il gruppo più numeroso di yakuza, occupa un intero quartiere". A picture of a big operation, no doubt, especially useful to secure a slice of the reconstruction, as the building and the industry in which the yakuza has become so powerful after the war, when there was a whole country to be rebuilt.
A una grande operazione d’immagine, non c’è dubbio, utile soprattutto ad assicurarsi una fetta della ricostruzione, dato che l’edilizia e il settore con cui la yakuza ヤクザ è diventata cosi potente nel dopoguerra, quando c’era un intero paese da rimettere in piedi. Oltre a fornire i soccorsi, infatti, pare che gli yakuza ヤクザ si siano presentati puntuali con i mezzi necessari a rimuovere i detriti delle città distrutte dall’onda. Da li, allungare le mani sulla cuccagna di appalti è questione di poco. Cosi è successo in passato e cosi sta accadendo nel Tohoku, come ha rivelato un inchiesta di giugno del settimanale Sentaku: l’urgenza di ridare le case agli sfollati farà chiudere un occhio a chi, in teoria, dovrebbe vigilare sull’assegnazione degli appalti. 

Abbiamo incontrato Jake Adelstein a Tokyo 東京 in un tranquillo quartiere residenziale, nella casa da dove fa la spola con gli Stati Uniti. Dal 2005 la sua famiglia, moglie giapponese e due figli, vive li per ragioni di sicurezza "Farli restare sarebbe stato troppo pericoloso" spiega lui, che dal 2008 vive protetto dalla polizia e quando è in Giappone 日本 è scortato da una guardia del corpo, un ex boss della yazuka senza un mignolo. La storia di come é arrivato a questo punto la racconta in Tokio Vice, un po’ autobiografia, un po’ romanzo hardboiled, che svela i retroscena del giornalismo investigativo in Giappone 日本 ma, soprattutto, un tuffo nell’underworld del Sol Levante, “per vedere cosa c’é davvero sotto la superfice di una società apparentemente pacifica e tranquilla”. In quel mondo buio, violento, che puzza di alcool e fumo, tra ragazze vendute, stuprate e morte ammazzate, strozzini, personaggi scomodi ‘suicidati’ e detective insonni, Adelstein ha vissuto per dodici anni, dal 1993 al 2005, come reporter dello Yomiuri Shimbun, il quotidiano più letto nel paese, primo giornalista straniero ad entrare nel gotha dell’informazione nipponica. "Per mia fortuna sono Stato subito assegnato alla sezione di polizia che seguiva i crimini legati alla yakuza", racconta Adelstein. Allora, però, non immaginava il peso che la mala giapponese avrebbe avuto nella sua vita. Allora non aveva ancora idea di chi fosse Tadamasa Goto 後藤 忠政.
"Poco prima dl lasciare lo Yomiuri, nel 2005, stavo lavorando a una storia davvero grossa: avevo saputo che quattro anni prima il Capo della Goto-gumi, la più pericolosa delle affiliate alla Yamaguchi-gumi, era volato negli Stati Uniti e aveva avuto un trapianto di fegato al Centro tumori della Ucla. Non ho mai scoperto davvero come ha fatto, ma è passato dall’ 85mo al primo posto della lista, ottenendo un fegato nuovo in sei settimane, quando normalmente ci vogliono almeno tre anni. La Ucla si è giustificata dicendo che il fegato era “scadente”. Penso che li qualcuno sia diventato molto ricco organizzando tutta l’operazione. Più tardi ho scoperto che tra il 2000 e il 2004 altri quattro yakuza hanno subito trapianti nello stesso ospedale, e hanno pagato in contanti. L’ Fbi gli ha procurato il visto in cambio di informazioni sulla Yamaguchi-gumi e sulle sue ‘front company’ negli Stati Uniti. Li la Yakuza ha molti interessi e molti soldi nelle banche americane. So che Goto, però, una volta avuto il fegato, ha fornito solo un quinto dei nomi promessi all’Fbi".
Doveva essere la sua ultima inchiesta, la sua “tesi di laurea” per chiudere in bellezza un’esperienza eccitante quanto dura e sfiancante. Invece un giorno riceve la visita di un uomo di Goto con un messaggio chiaro, che lascia poca scelta: o tu cancelli la storia, o noi cancelliamo te e la tua famiglia. Quella di non scrivere più sui giornali giapponesi, se non sotto pseudonimo, è stata, quindi una scelta obbligata. Ma Adelstein ha continuato a occuparsi di yakuza ヤクザ, scrivendone sulla stampa americana e registrando negli ultimi tempi il diverso atteggiamento delle autorità verso la criminalità organizzata."Qualcosa sta cambiando. La yakuza è sempre stata considerata un male necessario, il prezzo da pagare per tenere pulite le strade. Fino a poco tempo, fa tra la polizia e la criminalità organizzata spesso c’è stato un rapporto di collaborazione. Per questo in Giappone non esiste una legge contro il crimine organizzato, nessun governo liberaldemocratico ha mai avuto interesse a farla. Addirittura in passato ci sono stati casi di membri della yakuza entrati in politica: Hamada Koichi, per esempio, prima di diventare senatore era stato nella Inagawakai, il terzo gruppo del paese per numero di affiliati. O il nonno dell’ex premier Junichiro Koizumi, un ex gangster noto come il “ministro tatuato”. Nemmeno il Partito democratico, al potere dal 2008, ha inserito la lotta contro la criminalità organizzata nel suo programma politico. E non e un caso. Nel 2007 i democratici hanno fatto un patto con la Yamaguchi-gumi: la più grande famiglia di yakuza avrebbe garantito il suo sostegno, e in cambio i democratici avrebbero lasciato qualsiasi progetto di legge contro il crimine organizzato in soffitta. E cosi è stato". In effetti, finora a Tokyo 東京 , dove si è appena insediato il sesto primo ministro in cinque anni, non si é parlato di legge anti-yakuza. "Con una legge ad hoc puoi arrestare i capi di un organizzazione per i crimini commessi dai loro sottoposti. In Giappone, invece, se un “soldato semplice” commette un omicidio, la catena di responsabilità si ferma li. Viene processato, il gruppo a cui appartiene gli fornisce un avvocato, finisce in prigione ma sa che nel frattempo la “famiglia” provvederà a mantenere moglie e figli e che quando uscirà verrà ricompensato a dovere. Non essendoci programmi di protezione dei testimoni o una legge sui pentiti mancano gli incentivi a collaborate con la giustizia".
Qualcosa però ultimamente è cambiato. "Dato che la yakuza non è considerata fuori legge, la polizia cerca almeno di renderle la vita difficile. L’attuale capo dell’Agenzia nazionale di polizia dal 2010 ha fatto adottare alle singole prefetture (regioni) delle clausole da inserire in ogni genere di contratto - dall’apertura di un conto in banca a un contratto d’affitto, ai contratti nell’edilizia - che bandiscono ogni legame con il crimine organizzato. Se un costruttore si rivolge a ditte gestite dalla yakuza - molti se ne servono per sgomberare, con minacce e altri mezzi poco ortodossi, gli edifici sul terreni a cui sono interessati - lui non può essere arrestato, perché pagare la yakuza per fare un lavoro non è illegale, ma il suo nome viene reso pubblico, il che implica un azzeramento degli affari e una condanna alla bancarotta. E’ successo alla Suruga Corporation, una grossa azienda di costruzioni e vendita di immobili. Nel 2008 aveva pagato 50 milioni di dollari a una ditta di facciata della Goto-gumi, proprio per un servizio di sgombero. Hanno arrestato qualche uomo del gruppo ma non il proprietario dell’azienda, che però é fallita dopo che la vicenda é venuta a galla. Un altro esempio: se chi apre un conto in banca non dichiara subito di avere legami con la yakuza quando firma il contratto, in seguito può essere perseguito per frode. Queste misure cercano di supplire alla mancanza di una legge anticrimine e credo che qualche effetto avranno. Anche perché le aziende avranno sempre meno denaro a disposizione, e ricorrere ai servizi forniti dalla yakuza sarà sempre meno conveniente". Come mai proprio adesso questo giro di vite? "Perché si è rotto un equilibrio. Finora il tacito accordo tra autorità e criminali prevedeva che la yakuza rimanesse nell’ombra. Nell’estate 2010, invece, quando è scoppiato uno scandalo che ha bloccato il campionato di sumo, è successa una cosa inedita: cinquanta membri della Kodokai, un’affiliata della Yamaguchi-gumi particolarmente indomita, hanno sfilato davanti alle telecamere. Una provocazione inaccettabile che si aggiungeva a una serie di altri episodi in cui la Kodokai si era mostrata pronta a combattere. Nel 2007 la polizia aveva fatto irruzione in una sede della Kodokai e i poliziotti avevano trovato le foto dei loro familiari appese alle pareti. Cose di questo genere. Il 30 settembre il Capo dell’Agenzia nazionale di polizia ha radunato tutti i comandanti del paese e ha dato un ordine preciso: distruggere la Kodokai, il passo necessario per attaccare la Yamaguchi-gumi. Lo scandalo del sumo non è scoppiato a caso. Tutti sapevano dei legami tra il sumo e la yakuza, del fatto che i lottatori erano nel giro di scommesse clandestine sulle partite di baseball, ma solo quando la Kodokai ha tirato la corda, la stampa ha scoperto l’acqua calda e ne ha parlato scatenando il putiferio".
L’ultimo scandalo legato alla yakuza ヤクザ è quello che ha travolto Shinsuke Yamada, “il Jay Leno della tv giapponese”, come lo definisce Adelstein, che lo scorso agosto si è dovuto ritirare dalle scene dopo che i suoi rapporti con il crimine organizzato sono diventati di dominio pubblico. Una vicenda che ha messo in evidenza un altro aspetto della ramificazione della yakuza ヤクザ, i cui tentacoli sembrano arrivare ovunque: la sua presenza nell’industria dello spettacolo. Di questa e altre storie Jake Adelstein continua a scrivere su japansubculture.com, una fonte di notizie e aggiornamenti dall’underworld nipponico.
Quanto alla storia che gli ha cambiato la vita, quella di Goto e del suo fegato nuovo, Adelstein alla fine l’ha scritta nel 2008 sul Washington Post. Nel frattempo Goto si è ritirato ed è diventato un monaco buddista. ll che non gli ha impedito di inserire nella sua autobiografia, uscita nella primavera 2010, una minaccia di morte chiaramente diretta a lui. Toshiro Igari, l’avvocato a cui Adelstein ha chiesto aiuto per fare causa all’editore, molto attivo contro il crimine organizzato, è stato trovato morto in una stanza d’albergo a Manila. Per la polizia si è trattato di suicidio, e il caso è stato chiuso.
E’ stato questo l'ultimo episodio di una guerra non ancora finita.

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