domenica 31 gennaio 2010

Boicotta! Boycott! 抵制!

Vivere consapevolmente. Vivere rispettando la natura e i suoi ritmi. Vivere rispettando il prossimo. Vivere cercando di fare qualcosa di buono.
Pochi principi basilari, che cerco di seguire.
Semplici, si direbbe, eppure difficili e complessi come non mai.
Vi faccio un esempio.
Immagino che ognuno di noi abbia dei soldi depositati in banca. Già… la banca. La maggioranza delle nostre banche sono per così dire “armate” ovvero investono nell’industria armiera. Con tutto ciò che ne consegue e che potete ben immaginare. La Banca nazionale del Lavoro, del gruppo Paribas, 3 anni fa ha supportato le aziende armiere per 62 milioni e spiccioli di euro. Nel 2009 per un miliardo e 253 milioni. Nel lungo elenco compare anche il Gruppo Intesa San Paolo (detiene ancora il 7,16 del mercato), nonostante le mille promesse di abbandonare il campo; anche il gruppo Unicredit, seppur con cifre (119 milioni) nettamente inferiori rispetto al 2007 (404 milioni di euro) compare nella top ten. Un bel balzo in avanti lo fa, invece, Ubi Banca, con i suoi satelliti finanziari piazzati geograficamente nel cuore del comparto armiero italiano: 209 milioni di euro e quasi un 6% del mercato complessivo (dato assai eloquente, visto che nel 2007 aveva lo 0,27%). Ed è meglio che mi fermo qua, perché molti dei miei principi basilari sono già andati ad escort.
Volete un altro esempio?
Apro il mio frigo: c’è dentro del cibo e delle bevande. Apro l’armadio di camera mia: ci sono dei vestiti.
Il colosso Coca Cola sfrutta la mano d’opera sud americana. Sulla Nestlè potrei parlarvi per ore: frodi e illeciti finanziari, abusi di potere, appoggio e sostegno di regimi dittatoriali, utilizzo di organismi geneticamente modificati nella pasta (Buitoni), nei latticini, nei dolci e nelle merendine; intere aree di foresta vengono distrutte per far posto alle sue piantagioni di cacao e di caffè, dove si utilizzano pesticidi molto pericolosi. E sulla stessa scia si pongono Nike, Adidas, Mattel, Chicco, Benetton, Reebok, Levis, Mondo… potrei andare avanti. Fatemi sottolineare però la Chiquita, che tratta i suoi operai peggio degli schiavi, tenendoli rinchiusi in veri e propri lager del lavoro, malmenati o peggio se protestano, con stipendi miserevoli, gettando loro addosso il diserbante dagli aereoplani .
Come vedete, potrei sembrarvi incoerente. Predico un “mondo migliore” e poi cado nel tranello di dare fiducia a chi di un mondo migliore non gliene può fregare di meno e pensa al solo dio in cui crede: il Denaro.
So benissimo che rivoluzionare completamente il mio modo di vivere risulterebbe per certi aspetti quasi improbabile e sotto altri costoso. E qui io non è che sguazzo nell’oro: se la pasta Barilla (bella marca sporca di sangue) costa meno di quella equo solidale, compro la prima, ben consapevole di cosa sto facendo, ma altrettanto consapevole di quali sono le mie capacità finanziarie.
Penso che la rivoluzione dei consumi possa però pian piano avvenire. Piccoli passi, che se fatti insieme, fanno un grande passo. Pensiamo, non so, a Natale: un bel cesto fatto con prodotti di Altromercato magari sì ci farà sentire tutti veramente più buoni. O prendere contatto con Altroconsumo non potrà che farci bene, in quanto è un'associazione di consumatori che ha un unico obiettivo: l'informazione e la tutela dei consumatori. Valutare le offerte di Banca Etica non costa nulla.
Nel mio piccolo, io sto boicottando il marchio Coca Cola da molti anni così come altri marchi…
Piccoli gesti, niente di ecclatante, perché so bene che la maggioranza di voi non sono “aristocratici” che possono sì cambiare completamente il proprio modo di vita. Piccoli gesti che possono far capire a chi sta in alto che noi siamo esseri pensanti, che abbiamo uno spirito critico e non siamo nelle loro mani; loro non sceglieranno mai per noi, noi siamo consapevoli.
Mostriamogli il nostro cervello: varrà come una rivoluzione.

venerdì 8 gennaio 2010

Voglia di estero

Per festeggiare il nuovo anno sono scappata in Slovenia, a Ljubljana per la precisione.
Ed è proprio su questa cosa che voglio scrivere il mio primo post del 2010.
Sono andata in auto, 500 Km circa. Non è poi tanto distante Ljubljana e per di più, insomma, è la Slovenia, non è il Brasile o l’Egitto o la Cina. E’ la semplice Ljubljana, la normale e tranquilla Slovenia. Eppure amici, eppure non avete idea di che aria fresca ho respirato. Lo ammetto, in parte sarà dovuto al fatto che non ho fatto le vacanze quest’estate e che, abituata a girovagare per il mondo, l’imposizione del mio fisico al “per un po’ starai qui ferma” mi pesa come un macigno. Però c’è stato dell’altro… Potrei dirvi di quanto Ljubljana sia bella come città, delle attrattive che vi potrete trovare, della sua storia, della leggenda del suo drago, ma c’è ancora stato dell’altro… Cos’era, vi starete chiedendo, cos’avrà avuto Ljubljana di così speciale...
Ljubljana non è in Italia.
Sì, lo so, ho scoperto l’acqua calda, un atlante anche per bambini ve lo direbbe.
Eppure la sensazione è stata come quando siete assetati e vi danno una bottiglia d’acqua freschissima e purissima. Nessuno che parlava italiano (a parte il 31 dicembre), nessun connazionale in vista e quelli che vedavamo li schivavamo come fossero impestati, nessun telegiornale, nessun quotidiano, nessuna ennesima litigata politica alla tv, nessuno che elencava le ombre di questa Italia, nessuno che parlava dei casini giornalieri…
Tutto era lontano.
Tutto s’era fermato al confine, un po’ dopo Gorizia e un po’ prima di Nova Gorica.
Avevo ripreso a respirare bene, i miei occhi erano tornati a vedere come da tempo non accadeva. Sì amici, mi ero buttata ridendo e alzando il medio l’Italia e gli italiani alle spalle, e stavo benissimo.
Le giornate le passavo camminando per le vie della città, scoprendo Chiese, monumenti, palazzi importanti, inerpicandomi su su per la collina per visitare il Castello, chiaccherando del più e del meno, con io che leggevo gli appunti storici e architettonici quando ci fermavamo; e poi sul pomeriggio tardi tornavo in camera, una bella doccia, un po’ di relax guardando eurosport…
E il giorno della partenza, il fatidico giorno, la mia mente ha pensato “E se non torni? E se imbocchi la strada per la Croazia? Per l’Ungheria?”. Ma la risposta era scontata…
Ed ora eccomi qua, tornata, con attorno i soliti casini di questa mia Italia, con attorno i soliti casini della mia vita. Un po’ più determinata però, lo ammetto… anche un po’ più malinconica.
E pensare che sono solo andata a Ljubljana… A volte penso “Ma, Ali, e se eri a Il Cairo? A Kiev? A Hanoi?!”
Beh, se Ljubljana m’ha fatto questo effetto, non oso pensare una città più lontana cosa m’avrebbe scatenato… :)